Samanthe
Oggi mentre ero fermo al semaforo ho visto passare una macchina che mi è piaciuta molto, ma ho cercato di nasconderlo per non farmi vedere dalla mia, di macchina, che comunque mi piace anche lei e ce l'ho da una vita e spero che duri ancora a lungo. La macchina che ho visto passare era azzurrina. Ho pensato: così però tutti sapranno dove vai. Però mi sono detto: Ma tutti chi? Conosci tre persone in croce. Forse però così tutti gli altri mi conosceranno come Azzurrino. Ehi, ecco Azzurrino. Dove te ne vai, Azzurrino? Eccetera. Sapete com’è la gente. Me ne frega qualcosa?, ho chiesto al ciclista lì a fianco. No, Azzurrino, mi ha risposto lui mentendo. E ho suonato il clacson. Come in quella pizzeria che, siccome ordinavo sempre la Margherita, a un certo punto la cameriera ha cominciato a chiamarmi Margherita. Margherito, se mai, ho detto io una volta, ma niente. Così ho provato ogni tipo di variazione, tipo entrare e dire con la massima serietà: «Una Capricciosa». E lei: «Davvero?!». E io: «No». Oppure: «Stasera ti stupirò!». E lei al pizzaiolo: «Montenegro, una Margherita». Ma alla fine non sono più andato a prendere la pizza lì, e il motivo è che ho trovato una pizza migliore, in una pizzeria dove mi chiamavano Signore. Io non voglio diventare amico di chi eroga cose, e il mio sogno è un mondo di vending machine e vending pizzerie. Va bene che ci sia un essere umano a ricevere l’ordine, se proprio deve, a patto che si comporti come una pulsantiera. Mi sono chiesto: ma le persone che lavorano in una pizzeria dove vai sempre e dove a un certo punto non vai più si chiederanno perché non ci vai più? Io me lo chiederei, però io mi chiedo molte cose. È una specie di ghosting?, mi sono chiesto (visto?). Si diranno, inconsolabili: «Perché non viene più Margherita o Margherito che dir si voglia? Cosa abbiamo sbagliato?». E magari cambieranno ricetta, impasto, mozzarella, cameriera, soprannomi, modi, tutto. Niente, si risponderanno dandosi pacche sulle spalle, non abbiamo sbagliato niente. Perché la gente è subito pronta ad autoassolversi. Dunque si saranno offesi. Che poi tu cerchi sempre di non offendere gli altri, ma gli altri non si preoccupano allo stesso modo di non essere offendibili. Ricordo che una volta, anni fa, io e una mia fidanzata che chiameremo Samantha siamo andati tre volte nelle stessa settimana nella stessa pizzeria, e alla terza volta il proprietario, per fare il simpatico, ci ha detto: «Ma voi, cucinare, mai?». Non sapeva che Samantha era una totale incapace ai fornelli, e che le mie mani sono troppo preziose per sciuparle a tagliar zucchine. Per tutta risposta non ci siamo più andati. Su mia decisione, ovviamente (perché a Samantha non fregava niente della pizzeria, della pizza, di me, del pizzaiolo, di qualunque non-samanthità), il che potrebbe far pensare che io sia permaloso, e infatti la mia amica Paola mi ha detto che sono permaloso, giorni fa. La cosa mi ha sconvolto, perché non è assolutamente vero. Però, le ho detto riportandole la borsetta, è una fregatura se ti dicono che sei permaloso, no? Se te la prendi dimostri di esserlo, se non te la prendi lo confermi. Paola ha fatto spallucce, ha ripulito la borsetta dalla polvere e mi ha chiesto: ma che fine ha fatto Samantha? Quale?, ho detto io. E a proposito di Samantha, infatti, non la finta Samantha, ma una vera Samantha, ricordo che una volta ho fatto una presentazione in una libreria di Ivrea e al tempo stavo con un'altra fidanzata, che per comodità chiameremo anche lei Samantha, e con cui non andavo più tanto d'accordo, esattamente come con Samantha, quella della pizza, e alla fine della presentazione era venuta a parlarmi una certa Samantha, una vera Samantha (o almeno così diceva, ma sapete come sono, le Samanthe), che mi guardava con occhi brillanti, forse perché non aveva ancora avuto modo di conoscermi, forse perché influenzata, e io avevo pensato: ma che brillantezza, gli occhi di questa qui, sarebbe piacevole adesso andare avanti a parlare con questa Samantha, andare a bermi sei sette birre con questa Samantha, e poi tornare a casa con questa Samantha, ma non posso, perché sto con quell’altra Samantha, non sarebbe carino né, in pratica, fattibile, o forse è solo che non ne avrei il coraggio, sono un codardo, mi sono detto (offendendomi), e così avevo salutato la vera Samantha senza dire altro, e poi la finta Samantha, ironia del destino, mi aveva lasciato pochi giorni dopo. E tutto questo mi ha fatto venire in mente che anni fa, anni prima ancora, che però non stavo con nessuna Samantha, vera o falsa, ero proprio qui dove sono adesso, a questo tavolo, a questa scrivania, e stavo scrivendo un racconto bevendo del tè e ascoltando questa canzone e mi ero detto: ma che bella giornata, fissiamo nella memoria che questa qui è una bella giornata e cerchiamo di averne altre uguali. E infatti ancora adesso me la ricordo, però non sono più riuscito ad avere altre giornate esattamente come quella, forse perché ogni giornata, proprio come ogni Samantha, è unica. E so che in tutto questo c'è un'importante lezione di vita che dovrei aver imparato, solo che non la trovo, e la vita intanto sta passando; mi chiedo se arriva un punto in cui ti rendi conto che imparare qualcosa ormai non serve più a niente, e magari è un punto bellissimo. Ah, la macchina era questa. Purtroppo, se ho capito bene, azzurrina non la fanno più.