Tempo fa ero al tavolo di un ristorante con alcune persone, tra cui un certo Ottavio, e ho detto una certa cosa che identificheremo con A. A quel punto Ottavio mi ha corretto davanti a tutti (poteva mandare un messaggio ai presenti, senza che io me ne accorgessi) affermando tronfiamente che A non era affatto A, ma B. Siccome tra l’altro il campo di competenza era il suo, non il mio (il mio sono i tramezzini funghetti e maionese), vai a pensare che Ottavio detto (da quel momento) il Sapientone ha sparato una cagata. Quindi, essendo io una persona umile, benché straordinaria, ho pensato: “Boh, avrà ragione Ottavio”. Certo che, quando uno ti corregge, diciamolo pure, avresti voglia di alzarti e dargli una testata. Di incendiare il posacenere e tirarglielo in faccia. Di fargli esplodere le ruote della macchina mentre fa la Parabolica. Anche se ha ragione, anche se l’ha fatto con garbo e tutto il resto. Ma ho incassato il colpo con stile. E non sono nemmeno andato a verificare cercando in rete. Insomma è il suo campo: lo saprà, no? Se non ci possiamo più fidare nemmeno degli esperti, per quanto antipatici, dove andremo a finire?, mi sono detto. E poi non ci ho più pensato. Forse l’ho sognato un paio di volte. Ma poi basta.
Finché un giorno, per puro caso, scopro che A è A, non B.
In un primo momento è stato bello ma, poi, frustrante. Come fare?, mi sono chiesto. Perché qualcosa dovrò pur fare. In situazioni simili la cosa migliore sarebbe avere una macchina del tempo, tornare al momento in cui Ottavio dice che A non è A ma è B e ribattere: «No, caro mio, è proprio A», e attendere che Ottavio ci si giochi tutta la reputazione, poi prendere neanche il telefono, ma l’oggetto (A), metterlo sul tavolo e dire: «Visto?». Pazienza se l’oggetto è il topo più velenoso del mondo o le feci di un cammello. Lo si fa per (orgoglio?) la giustizia nel cosmo.
Ma la macchina del tempo non esiste. Quindi? Ho una macchina normale, potrei investirlo. Oppure? Telefonare a Ottavio e dire «Ehi Ottavio come stai ti ricordi quella volta che mi hai corretto su quella cosa davanti a tutti compresa la mia amata nonna che il giorno dopo è deceduta e le sue ultime parole stringendomi la mano sono state “Eugenio mi hai delus…” be’ avevo ragione io non tu ciao!» no, non si può, prima di tutto perché sembrerei un patetico rimuginatore, cosa che ovviamente sono ma non è il caso di farlo sapere in giro, e poi perché Ottavio potrebbe dire «Eh? Cosa? Guarda, Eugenio, proprio non mi ricordo…» o dire «No, ma eri tu quello che diceva che A era B e non A, io dicevo, correttamente, che A era A», e ci sarebbe poco da fare, io saprei che Ottavio mente, Ottavio saprebbe che Ottavio mente ma, a conti fatti, saremmo pari, e io sarei però quello che telefona alla gente riesumando nonne e inezie di mesi prima. Cosa che ovviamente sono. Allora, mi sono detto, resta un’unica soluzione: organizzare una bella cena, invitare tutti quelli che erano presenti quel giorno, invitare Ottavio, i suoi genitori, sua moglie, i suoi figli, i suoi suoceri, il suo capo, la sua maestra delle elementari, il Gabibbo e poi dirottare a poco a poco il discorso sul tema A/B e a quel punto dire distrattamente che quella cosa è A, e attendere che Ottavio cada nella trappola e dica «Mm, allora non vuoi proprio imparare? Non ti è bastata la lezione dell’altra volta? A non è A, è B. Lo dice anche il nome stesso: B!», e trionfare.
Una soluzione che parrebbe a prova di bomba, come si dice, solo che in realtà a quel punto Ottavio direbbe «Esatto», e io direi «Come esatto? Tu pensi che sia B!» e lui «No no no, perché mai dovrei pensare che A è B se è A? Sei pazzo? Lo sanno tutti che A è A», e tutti direbbero «Certo, Eugenio, A è A! Viva Ottavio!» e a quel punto allora accecato dalla sete di giustizia con un tuffo gli salterei al collo ruzzolando insieme a lui sul pavimento dove cercherei di strozzarlo intimandogli di ammettere che secondo lui A è B, ma lui al costo della vita continuerebbe a dire gorgogliando «È… A! È… A!», e tutti sarebbero indignati, salverebbero il povero Ottavio dalle mie grinfie, lo farebbero stendere sul divano e la maestra si alzerebbe e direbbe «L’ora è tarda, meglio rincasare», ma prima di uscire si avvicinerebbe a Ottavio ancora rantolante e gli direbbe «Sei sempre stato il più bravo della classe, i tuoi voti erano sempre più alti dei suoi», indicando me col mento bitorzoluto, e io direi «Ma se non eravamo neanche in classe insieme! Se non era nemmeno la mia maestra!» ma lei ignorandomi scriverebbe Ottimo su un tovagliolo che poi infilerebbe nel taschino di Ottavio e, insomma, meglio lasciar perdere tutta questa faccenda, chi se ne frega.
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Mi offro come testimone alla eventuale cena delle rivendicazioni, dove dirò non solo che ero presente in sala all’altra e Ottavio non mi ha visto, ma anche che ha sempre sostenuto che A è B anche alle cene di Natale coi colleghi e che è inutile che la maestra si alzi a difenderlo e adorarlo, perché lui la perculava in classe per l’alito puzzolente e il neo pendulo sul naso.
Curiosamente l'unico Ottavio che conosco sta con una ragazza di nome Ottavia, e curiosamente è un po' come lo descrivi tu...